Non è una questione così semplice come potrebbe sembrare. In generale, come previsto dall'articolo 91, comma 1 cpc, il giudice, con la sentenza che chiude il processo (o con un decreto ingiuntivo), condanna la parte soccombente (o ingiunta) a rimborsare all'altra parte le "spese di lite". Qualsiasi professionista in regime ordinario che abbia prestato la propria opera al cliente deve corrispondere l'IVA sul proprio compenso ed è obbligato a rivalersene nei confronti dello stesso cliente.
Sulla questione è intervenuta anche la Cassazione precisando che l'IVA rientra automaticamente nel computo delle spese processuali e, pertanto, non è necessaria un'apposita pronuncia del giudice per garantire il rimborso di tale imposta. La sentenza di condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa, liquidandone l'ammontare, costituisce titolo esecutivo anche per conseguire il rimborso dell'IVA che la stessa parte vittoriosa assume di avere versato al proprio difensore, in sede di rivalsa e secondo le prescrizioni dell'art. 18 del DPR 633/1972.
Quindi se il cliente vittorioso non è titolare di partita IVA o la sentenza non è inerente all'esercizio della propria attività, il soccombente deve pagare alla controparte anche l'importo addebitato dal legale al proprio cliente a titolo di IVA.
Al contrario se il cliente vittorioso è titolare di partita IVA e la vertenza è inerente all'esercizio della propria attività d'impresa, arte o professione, il soccombente non deve pagare alla controparte vittoriosa l'importo addebitato a titolo di IVA dal legale alla propria cliente.
Se quest'ultimo è il tuo caso puoi pagare la somma al netto dell'IVA e se controparte procederà nonostante tutto a promuovere l'esecuzione, farai opposizione ex art. 615 c.p.c.