Gentili Buon pomeriggio.
In qualità di studente, sto studiando l'istituto della compensazione sul manuale del Prof. Pietro Perlingieri e mi sono imbattuto in una divergenza tra la formulazione letterale dell'art. 1241 c.c. e la sua interpretazione, che non riesco a comprendere.
L'autore afferma testualmente:
«La compensazione è fattispecie estintiva che richiede, quale presupposto necessario ma non sufficiente, l'esistenza di crediti e debiti reciproci facenti capo a due autonomi o separati centri d'interessi giuridicamente rilevanti... La reciprocità delle obbligazioni postula la dualità non dei soggetti (come una interpretazione letterale lascerebbe intendere: 1241), bensí dei patrimoni... La dualità e la reciprocità sussistono anche quando due rapporti obbligatori, pur ricadendo nella titolarità di uno stesso soggetto, afferiscano a due patrimoni distinti e separati. Cosí l'erede che, avendo accettato con beneficio di inventario, conserva l'autonomia del proprio patrimonio da quello del de cuius e può compensare crediti e debiti fra gli stessi esistenti. Altre volte, nonostante vi sia la dualità dei soggetti, non si riscontra la reciprocità, in quanto le singole situazioni soggettive... afferiscono ad una pluralità di patrimoni distinti. Si pensi ad un soggetto che sia debitore, in nome proprio, e creditore, in nome altrui, nei confronti di una stessa persona; i due rapporti, incidendo su tre distinti patrimoni... non sono suscettibili di compensazione per mancanza di reciprocità.»
La mia difficoltà è nel cogliere appieno la ragione giuridica sostanziale alla base di questo scostamento dall'interpretazione letterale. Perché, secondo Perlingieri, il criterio dirimente è proprio l'autonomia patrimoniale e non l'identità soggettiva?
In altre parole, qual è il principio di fondo che rende la "dualità patrimoniale" un requisito più corretto e funzionale della "dualità soggettiva" per garantire l'equità e l'efficacia dell'istituto?
Vi ringrazio per l'attenzione e per l'eventuale chiarimento.