Per quanto riguarda le raccomandate, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'atto di costituzione in mora inviato tramite raccomandata, anche se non ritirato dal destinatario e restituito per compiuta giacenza, è idoneo a interrompere la prescrizione. Ciò si basa sulla presunzione che la raccomandata, una volta giunta all'indirizzo del destinatario, sia da questi conoscibile, indipendentemente dal ritiro effettivo.
Nel caso delle notifiche via PEC, la situazione è più complessa. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28452 del 5 novembre 2024, hanno chiarito che, in assenza della Ricevuta di Avvenuta Consegna (RdAC), la notifica non può considerarsi perfezionata, anche se la mancata consegna è imputabile al destinatario, ad esempio per casella PEC piena. Pertanto, in tali casi, il mittente ha l'onere di procedere tempestivamente a una nuova notifica attraverso modalità alternative, come la notifica presso l'indirizzo fisico del destinatario, per garantire l'efficacia dell'atto.
Questa differenza di trattamento tra raccomandata e PEC deriva dalle peculiarità dei due mezzi di comunicazione e dalle specifiche normative che li regolano. Mentre per la raccomandata si presume la conoscibilità dell'atto una volta giunto all'indirizzo del destinatario, per la PEC è necessaria la conferma della consegna tramite RdAC per attestare l'effettiva ricezione dell'atto.